giovedì 6 ottobre 2011

Laila

Racconto di SANDRA CARRESI

Laila era nata più di mezzo secolo fa,  in un paesino della bella Sicilia, in un corpo di maschio che non gli era mai appartenuto.
Non ci aveva messo molto a capire che avrebbe voluto essere come le sue quattro sorelle più grandi e senza neanche tanti problemi aveva manifestato il suo stato d’animo in famiglia.

La famiglia è quel nucleo dove si può parlare apertamente, si può manifestare i disagi, le gioie da condividere, dove la soluzione al problema si cerca di risolverla, ci si arrabbia, si prendono le sfuriate, ma si ragiona e si cercano soluzioni in maniera unita; se non si raggiungono, cosa probabile, in genere si ribadisce il proprio pensiero ma si accetta rispettando la decisione altrui.

Sicuramente attraverso più di mezzo secolo i passi avanti verso la cultura, l’istruzione, la crescita sociale e il benessere, immaginario o reale, a secondo dei punti di vista, sono stati notevoli rispetto a quando Laila se ne andò da casa a sedici anni dopo tante botte, tribolazioni e senza che nessuno dei suoi familiari più stretti la fermasse, o che provasse a consegnarle un futuro migliore.

Giunse a Milano da una zia materna, con vedute più generose che si prese cura di Lei tanto da metterla in contatto con la USL e dietro regolari controlli, Laila, maggiorenne, realizzò il suo sogno:  con un intervento ben riuscito  fu Laila per tutti. Un corpo ben  modellato, una camminata tipicamente femminile; unica stonatura forse, le mani: piccole ma tipicamente maschili.

Poi, in seguito, dopo la morte della zia, Laila dovette venir via da Milano; non aveva un lavoro suo, era molto giovane e non ne conosco né la storia, né il motivo, ma venne a Firenze, le fu assegnata una casa popolare, ebbe la compagnia di un cagnolino grazioso: Frullino e iniziò a frequentare l’area per cani proprio di fronte alla sua casa, ed è lì che l’ho conosciuta, portando fuori il mio Benny per la passeggiata pomeridiana.

Lei faceva i turni presso un’impresa di pulizie, il lavoro, anche se precario, le dava dignità e la faceva sentire bene.

Poi,  l’impresa chiuse e Laila si trovò senza lavoro, come tante altre persone nel nostro Paese, colpite purtroppo dalla crisi economica.

Certo, durante gli anni della sua vita, avrebbe potuto evolversi non solo nel fisico, ma anche intellettualmente, magari facendo dei corsi serali organizzati dai comuni, prendere un diploma, imparare un mestiere che le permettesse di trovare un lavoro più ricercato, ma era vissuta sempre facendo lavori nel campo delle pulizie senza mai avere un contratto sicuro e a lungo termine. Adesso sono tempi difficili per tutti, ma mettendo a disposizione la sua testa, la sua intelligenza nei giovani anni della sua vita, forse qualcosa di migliore e positivo per la sua esistenza poteva realizzarlo anche se poteva contare solamente su se stessa e al massimo su qualche persona  all’interno delle strutture sociali.

Recentemente era proprio dietro la struttura delle USL che riusciva a guadagnare qualche soldino quando la chiamavano per un qualsiasi lavoretto tipo le pulizie all’interno delle scuole, ma solo saltuariamente. Da qui depressione, malinconia e tristezza.

L’ho incontrata sull’autobus di recente e mi ha appunto aggiornata sulle sue vicissitudini: quest’inverno, non ancora terminato, è stato veramente freddo visto che i termosifoni della sua casa non sono stati mai accesi per risparmiare. Un letto con parecchie coperte e un abbigliamento da sub per affrontare un frigorifero di casa e persino Frullino, sul suo tappeto, dormiva volentieri con una coperta addosso, nonostante la sua pelliccia naturale. Fortunatamente le venivano incontro per il pagamento dell’affitto di casa, comprendendo la situazione e sapendo aspettare. Di recente si era guastata pure la televisione e grazie alla generosità di un’amica, aveva ricevuto in regalo un suo apparecchio televisivo piccolo ma ben funzionante. Per non parlare del motorino, regolarmente pagato nei tempi” d’oro”, che se ne stava coperto e immobile nel cortile comune della sua abitazione perché privo di assicurazione.

Mi raccontava queste tristezze con dignità e con un sorriso dolce, quasi a voler scacciare le malinconie che la deprimevano, e quando è scesa, prima di me dall’autobus, sono rimasta seduta e pensante a guardare la strada che conosco a memoria, visto che mi porta al mio ufficio. Ho immaginato il freddo di quella casa dove Laila e Frullino si facevano compagnia con la loro intesa affettiva, ed ho pensato a me, al mio lavoro, alla mia pensione visto che col 2010 farò quarant’anni lavorativi. Ho riflettuto a quanto sia importante e indispensabile un’occupazione retribuita, alle mie lotte negli anni indietro per il mio diritto al lavoro, facendo coincidere il tutto con la famiglia, alla  stanchezza di certe sere, alle tonsilliti di mio figlio, ai miei disagi di salute, e ad oggi che sono al capolinea lavorativo, a questa fase della mia vita che sta concludendo degnamente, e sono amareggiata per Laila che ha risolto il suo problema più gravoso della sua personalità, ma ha tralasciato forse, per non aver avuto la possibilità, la volontà, o per mancanza di incoraggiamento o incalzamento da qualcuno a Lei affettivamente vicino, di effettuare quel percorso lavorativo migliorativo con il quale poi, si accede allo strumento principale che manovra la vita, a quel timone che porta a navigare la nave anche attraverso le bufere, a ciò che abbiamo sempre difeso e preteso, che forse non a tutti dà il benessere ma col quale si raggiunge l’autonomia per onorare i nostri impegni, ed avere una vita decorosa per noi stessi e la famiglia: il lavoro.

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