lunedì 19 dicembre 2011

Una finestra sul mondo

racconto di SANDRA CARRESI 

Eva era una donna di cinquantacinque anni, piccola e graziosa, qualcuno l’aveva anche definita “buffa” e forse aveva ragione. Le piaceva il computer, iscrivendosi ad un corso, si era appassionata, lo aveva completato, qualcosa aveva imparato e si era comprata un bel portatile. Da allora le si era aperto il Mondo.
Piazzato in un angolo della casa, il freddo oggetto metallico era sempre acceso e naturalmente su Internet.
Quando le sue conoscenze trovavano dei limiti, Eva correva dal suo freddo amico e …come per incanto: la soluzione!
Arrivò Natale. Eva estese l’invito a pranzo a tutte le amiche “sole”. Non le piaceva andare al ristorante il giorno di Natale. La casa, la sua almeno, era sicuramente più calda, accogliente e con gli immancabili addobbi natalizi, quindi organizzò un bel pranzo di Natale, anche se, per la verità, una gran cuoca non era, ma con Internet, seguendo bene le istruzioni, avrebbe sicuramente superato se stessa.
Le lasagne al forno erano il suo piatto di battaglia, il bollito era un cibo frequente nella sua casa, come pure i crostini fantasia, poi, però era allettata dall’idea di un piatto di carne un po’ diverso e decise di cucinare il tacchino all’Americana e qui entrò in azione Internet.
Scoprì che gli americani, popolo con uno spiccato gusto all’agro-dolce, cucinavano il tacchino con le castagne e una volta cotto, veniva servito con la crema di castagne sparsa sopra. La cosa non le piacque, ed essendo Eva una donna dotata di fantasia, decise che al posto delle castagne l’imbottitura sarebbe stata ottima con i pistacchi ed i pinoli.
Acquistò un tacchino enorme, già aperto e pulito dal macellaio e nel pomeriggio avanti il giorno di Natale, la sua cucina la vide intenta a maneggiare l’enorme bestia con disinvoltura.
Seguì le regole dell’amico Internet, fece il soffritto e farcì con pancetta pinoli e pistacchi l’enorme interno del tacchino. Non fece attenzione però ai due fori, nel senso che mise l’imbottitura dalla parte aperta sul davanti e quando lo alzò per spostare la bestia, il ripieno uscì dalla parte posteriore. Quell’apertura non era stata considerata.
Eva non si perse d’animo, il ripieno era andato nel vassoio dove stava lavorando al suo piatto e quindi lo recuperò tutto. Ora però i due fori erano da sigillare. Eva provò, come da istruzioni, a cucirlo, ma  l’impresa risultò impossibile, allora come chiusura, lo sigillò con gli stecchini da spiedini e alla fine, complimentandosi con se stessa, pensò che da quella barriera non sarebbe passata neppure l’aria.
Dopo aver ben drogato il tacchino dall’esterno, lo mise in un grosso tegame e contemplò la sua opera.
La vista era veramente soddisfacente.
La sera tardi apparecchiò la tavola e stanca, ma soddisfatta, decise di andare a letto.
La notte ebbe incubi atroci. Sognò che il tacchino era fuggito, così steccato e col ripieno all’interno.
Poteva sentire le voci del vicinato: un tacchino grosso e strano correva per i marciapiedi! Madida di sudore, in piena notte si alzò ed andò a controllare in cucina. Tutto era a posto. Il poveretto non aveva neppure la testa, era più che morto, non avrebbe potuto andare da nessuna parte.
Al mattino la bestia conobbe il forno di Eva per ben tre lunghe ore.
Fu servito in tavola con patate arrosto e tutte le sue amiche le fecero i complimenti mangiando le pietanze con gusto.
Peccato che Eva non conobbe il sapore del tacchino: tagliò, servì, conversò, si mosse da vera ”padrona di casa”, ma non riuscì a mangiarne neanche un po’, fu però talmente abile che nessuna delle sue amiche se ne accorse.
E’ così, chi cucina, difficilmente poi mangia, ha già fatto il pieno assaporando tutto ai fornelli col grembiule davanti, digerendo poi il tutto con un goccio di soddisfazione e magari con lo sguardo rivolto all’”amico” sempre acceso…


SANDRA CARRESI 


lunedì 12 dicembre 2011

L'anima e il corpo

racconto di SANDRA CARRESI

Marco entrò dentro il Bar ed ordinò un caffè. Si sedette ad un tavolino, slacciò il secondo bottone della camicia, si tolse  la giacca ed attese il suo caffè. Era un uomo ancora giovane, brillante, dinamico, simpatico, e ben consapevole di possedere come alleate, tutte queste componenti. Era infatti molto socievole, o per meglio dire, questa era solo una parte del suo carattere. Non che fosse un uomo dalla doppia personalità, no tutt’altro, ma come molti comuni mortali, il suo temperamento possedeva più aspetti.
La gente che lo conosceva e che gli girava intorno, avrebbe potuto confermare sulla sua versione armoniosa, allegra, a volte addirittura chiassosa, ironica e ridanciana, ma Lui, non era solo così. Amava il silenzio, l’inverno, il vento, le giornate fredde, l’alba, il mare, ancora di più la montagna e le lunghe passeggiate, ma soprattutto, estraniarsi dal mondo, pensare, riflettere e ricordare. Amava tornare indietro nel tempo, alla sua casa di nascita, agli schiamazzi con i suoi fratelli, ai suoi genitori, alla scuola, a suo figlio, alla famiglia, e a tutta la sua vita trascorsa, fino ad arrivare al presente. Il futuro, beh, quello fa un po’ paura a tutti, meglio vivere giorno per giorno, ma non ne era molto convinto.
Improvvisamente una nebbia avvolse la sua testa appannandogli la vista, ne fu quasi spaventato e pensò:
- tutti questi caffè mi faranno male, prima o poi, oppure é questa primavera che come sempre mi abbassa la pressione, che guaio, sono già stanco di prima mattina. -
Aveva appena fatto questo pensiero, che improvvisamente, nella sedia accanto alla sua vide se stesso. Praticamente un gemello, solo più…, trasparente ed etereo.
Sbalordito, quasi temette di sentirsi male, volse lo sguardo intorno, ma con sorpresa, si accorse che la gente continuava a fare gli affari propri, sorseggiare caffè, bere, e nessuno prestava a Lui la minima attenzione. Allora, osò guardare la sedia e al suo sosia chiese con titubanza:
- chi sei? -
- come chi sono? Sono te. Non sarai per caso spaventato; lo so, lo so, non mi hai mai visto, ma mi avrai sentito, perdinci, dentro…, brontolo tanto…, impossibile non accorgersi della mia esistenza. Che cosa ci faccio qui seduto accanto a te? Eh, caro mio, sono uscito fuori, non ne potevo più di stare chiuso. Adesso anche il proprio io si ribella! Basta brontolare, ci vuole l’azione, ed eccomi qui. Non mi offrire niente, tanto non mi alimento con codesta roba io! Vedi che linea! Solo spirito ed il mio! Guarda, sarà bene, chiarirsi subito, non sono uscito per farti la predica; sono parte di te, per cui la predica non é da me. Voglio solo offrirti un po’ di compagnia, insomma, desidero farmi conoscere. Quando ti isoli, e ti incupisci, é con me che parli, é sempre a me che affidi i tuoi timori, le tue ansie, le gioie e le speranze, non mi puoi nascondere niente, io ti leggo da dentro ogni momento, persino le poche volte che cadi fra le braccia di Morfeo. -
- Ma allora, disse Marco, non ho proprio niente di mio, di intimo voglio dire! -
- Proprio non vuoi capire, sveglia! Siamo la stessa persona, e dovresti esserne felice, perché non tutti posseggono un’anima, c’é chi l’ha persa per sempre; io, beh, sono uscito oggi, perché avevo la sensazione che tu avessi bisogno di conferme e perché ti trovo speciale; ora dimentica subito questa parola e non montarti la testa, a volte sei a corto di umiltà, ma tutto sommato, dentro non sei male, quindi, adesso che lo sai, beviti questo caffè, e quando ti rabbui e te ne stai per giorni in silenzio, chiamami, ne parliamo, posso essere un’ottima compagnia. Ciao, adesso torno dentro. -
Marco, si scosse, guardò la sedia a fianco e la vide vuota. Il caldo, intanto era aumentato, il Bar affollato, e Lui, desiderò uscire prima possibile.
Sono intollerante al caldo, e la giornata é appena iniziata e…,
ma la piega della sua bocca abbozzò un sorriso; Lui non poteva vederlo, ma era il solito che aveva da ragazzo, ironico e canzonatorio, pensò:
- mamma mia che brontolone che sono, stamani ho pure fatto uscire la mia anima a ricordarmelo, in fondo, tutte le stagioni hanno la loro vita, come io ho la mia, anzi, sarebbe anche tempo che iniziassi il mio giro di lavoro, questa mattina! -
Affrettò il passo, e la sua alta figura si mescolò fra la gente, apparentemente tutta uguale, con l’anima e senza.


SANDRA CARRESI

domenica 4 dicembre 2011

La sirena del pescatore


Racconto di SANDRA CARRESI 

La pesca prometteva bene e così pure la nottata. Bella, vellutata, stellata e fasciata dalla luce fredda della luna che tonda e vanesia si specchiava nel mare le cui onde si muovevano increspate andando ad infrangersi fra gli scogli e procurando così un rumore a ritmi sempre uguali.
Sorrideva il pescatore immerso nei suoi pensieri vacanzieri, estivi, rilassato e rinfrescato dalla notte quieta.
Ad un tratto quel suono spumeggiante sempre uguale fu spezzato da un rumore forte e con un abile guizzo qualcosa di molto più ingombrante di un grosso pesce uscì dall’acqua ed andò a posarsi sullo scoglio accanto al pescatore.  Una creatura sorridente dai lunghi capelli tutti bagnati, scuri, ma dal corpo foggiato a forma di coda di pesce argentato e azzurro, salutò il pescatore nella sua lingua:
-Ciao, é parecchio che ti osservo, sei paziente, attento e al momento privo di sonno.-
Il pescatore, spalancò i suoi occhi dello stesso colore del buio, lasciò andare la canna e si portò le belle mani, affusolate, lunghe e magre alla testa. Non rispose al suo saluto era rimasto con la bocca aperta , magnetizzato da quegli occhi colore del mare di giorno che beh, in quel momento, francamente superavano la bellezza della luna e illuminavano il cielo, il mare e il pescatore.
Pescatore: – Ma chi sei, seducente ninfa dalla coda di pesce? Non puoi esistere, sei solo nella mia fantasia e nei miei sogni.-
Sirena: – Certo che esisto, sono una Sirena e vengo in superficie ogni notte che tu peschi, ti guardo e poi torno di sotto, non resisto molto sullo scoglio, come tu non resisteresti molto, neanche attrezzato, nei miei fondali marini. Stanotte ho deciso di farti visita, ti ho sentito anche cantare, che bella voce che hai…, sai fare tante cose, ogni tanto, non so perché, sei irritante e brontolone, ma conosco altri tuoi simili e non sono così luminosi come te.
Pescatore:- Potresti avvicinarti?  Sono ancora meravigliato, ti vorrei toccare, penso ancora di sognare, se lo racconto mi prenderanno per folle o ubriaco.-
Sirena:- Non hai bisogno di raccontarlo, io non esco mai a sedermi sugli scogli, mi rende affaticata, anzi presto dovrò tornare giù, ho bisogno del mare per vivere.-
Muovendo la coda con gran sciacquio, in un abile guizzo, il mare sembrò aprirsi e la sirena scomparve.
Il pescatore guardò il cielo e tutte le sue stelle e ad alta voce disse:
- Stasera mi avete fatto uno scherzo, mi avete trovato stanco e vi siete burlate di me. Non ne farò parola con mia moglie, direbbe che ho le visioni e si preoccuperebbe. Forse ho veramente sognato.-
Il Pescatore continuò la sua vita vacanziera e non ci pensò più, convinto di aver immaginato quella strana creatura. Pescava di giorno con l’arpione e pescava di notte sullo scoglio con la canna e ogni tanto osservava il mare con aria interrogativa pensando a quel mondo misterioso, sconosciuto e a tutti suoi abitanti.
E fu proprio in una notte di poco precedente la sua partenza che la Sirena uscì dall’acqua con un gran spumeggiare e con una mano arrivò a sfiorare la gamba nuda del pescatore e allegramente gli disse:
-Ciao, tornerai alla vita cittadina, ma ci vedremo quando sarai di nuovo su questo scoglio!-
Pescatore: – Aspetta, vorrei…, e si sbilanciò inciampando, lasciando cadere la canna in mare, ma le sue lunghe mani riuscirono a toccare i capelli della sirena, inciampò e si ritrovò a sedere sullo scoglio con in mano un bellissimo anemone di mare dal colore stupendo fra il giallo e il viola.-
I fiori sono bellissimi tutti, ma la loro vita é breve, nonostante le dovute attenzioni, eppure, quell’anemone di mare sopravvive intatto nella sua bellezza nel cassetto della scrivania del Pescatore, nutrendosi del suo sguardo e delle sue attenzioni quando ogni mattina in ufficio accende il computer, apre il cassetto e sorride, ma al sogno o alla sua nuova realtà? Questo lo può sapere solo il pescatore…