giovedì 29 settembre 2011

Lo chignon

Poesia di SANDRA CARRESI


Ho raccolto i miei capelli
in uno chignon.

Ho aperto tutti i cassetti
della mia mente.

Ho fatto entrare la luce del sole.

A volte,
la penna da sola
non è sufficiente
per dipingere e raccontare
i colori, i pensieri,
i ricordi.

Ci vuole l’aria, il sole,
l’amore,
e una nuova pettinatura,
per respirare
eleganza ed essenza.

Dopo, può arrivare
anche il temporale.


martedì 20 settembre 2011

25 settembre 2011, reading poetico a Pozzo d'Adda (Milano)


Il mantello
racconto di Sandra Carresi


Stava per andare a letto. Un silenzio notturno avvolgeva la casa. Con la mano afferrò leggermente il lembo della coperta affinché il corpo stanco potesse giacere in quel letto solitario che odorava di bucato e che attendeva solo Lei. Ad un tratto, prima di entrare, sentì alle spalle un calore insolito, qualcosa di caldo e di soffice le coprì il corpo chiuso nella camicia di mussola. Dania non si rendeva conto che cosa potesse essere. Lo specchio, di fronte, le rimandava l’immagine di sempre, una donna ancora giovane, minuta, dai lineamenti dolci e delicati, stanca e spettinata.
Eppure quel calore le dava un’energia che cinque minuti prima non aveva; la cosa la spaventò. Se avesse dovuto descrivere che indumento fosse quello che sembrava cingerle le spalle, avrebbe potuto definirlo un mantello di soffice velluto, qualcosa di scuro, forse il nero, con un gran fiocco di raso che le stringeva la gola, quasi a farle mancare il respiro. Però era piacevole e le dava dei brividi che certo non erano di freddo ma assomigliavano molto a certi preliminari di un tempo forse non lontano, ma non più praticati, anzi, dimenticati. Con una scossa di spalle, finì di aprire il letto ed entrò tirando su le coperte quasi a coprirne la testa. Non voleva ricordare niente, adesso era solo uno strumento adatto solo al lavoro, fuori e dentro casa.
Dentro il letto, le cose peggiorarono o migliorarono, a seconda dei punti di vista. Il calore del mantello adesso l’avvolgeva tutta, dalla testa ai piedi, niente escluso. Pensò di prendere una pillola per dormire, tanto, l’indomani avrebbe potuto rimanere lì anche fino a mezzogiorno: niente lavoro. Non riuscì ad alzarsi, una forza sconosciuta la faceva rimanere immobile. A quel punto, si arrese. Restò immobile nel letto, e lasciò andare il suo corpo libero verso quel calore conosciuto, accantonato, mai dimenticato. Sognò, desiderò e amò. Il sole del mattino non vide il suo risveglio, scaldò un corpo ormai freddo.
Dissero tante cose. Che il suo volto era sereno, che se ne era andata nel sonno, che era nel suo letto con la camicia di mussola e trina e che l’unica cosa strana…, chissà perché, in una notte calda di metà maggio, dentro il letto, il suo corpo fosse avvolto, da un mantello di velluto nero, legato da un nastro di raso al collo, come un’antica dama pronta per un incontro galante col suo uomo, quell’uomo che aveva lasciato questa terra da ormai cinque anni.


SANDRA CARRESI
20-09-2011

mercoledì 14 settembre 2011

Ferragosto insanguinato
racconto di Sandra Carresi                                                 



Non era stata una bella estate. Il tempo, molto variabile, aveva stressato tutti i bagnanti di Marina di Castagneto. O meglio, tutti gli italiani. Al Nord, praticamente, l’estate non l’avevano mai vista, al centro, passavano dal caldo torrido alle piogge copiose e violente, al Sud, acqua e poche giornate di sole. L’estate del 2011, andava accettata così. Non si poteva ordinare niente di meglio. Ogni mattina Saverio, il bagnino dello stabilimento balneare “ L’Oleandro”, per via di quegli alberi piccoli ma dai fiori a grappolo rosa che costeggiavano il marciapiede che introduceva all’entrata della spiaggia, era intento a svolgere il suo lavoro: rastrellava la spiaggia, toglieva qualche carta, probabilmente notturna, e apriva gli ombrelloni, sempre che, Sua Maestà, Il Sole, si degnasse di uscire, altrimenti, se coperto dalle nebbie, ombroso e permaloso come sempre, gli ombrelloni rimanevano chiusi ed allora quel panorama di lunghe file di sdraio, lettini, e asciugamani, erano le uniche note colorate, assieme ai costumi da bagno, e gli schiamazzi dei bambini, unico suono alto che si univa al mare quasi sempre ricco di schiuma bianca per via dei cavalloni che s’infrangevano a riva trascinando via secchielli e palette. Ma quella mattina, era ferragosto, e Saverio alle sei del mattino di lunedì era già in spiaggia a sistemare. Guardò il cielo e lo trovò chiarissimo, pensò: «Stai a vedere che quest’anno l’estate arriva dopo Ferragosto, sì, oggi dovrebbe essere proprio una splendida giornata di sole». Poi, improvvisamente, dietro la barca di Arturo, uno dei clienti dello stabilimento balneare, un sei metri a venticinque cavalli, rossa fiammeggiante, vide due piedi e pensò: «Caspiterina, qualcuno stanotte ha frascheggiato sotto le stelle e ancora sta dormendo alla grossa». Si avvicinò, pronto a rimproverare, ma appena fu vicino alla presenza umana, di scatto si voltò dall’altra parte portandosi una mano alla bocca, quasi ad evitare il vomito, che tuttavia finì sulla sabbia.

Lo scenario non era dei migliori: un uomo, sembrava giovane, in costume da bagno a pantaloncino, dorso nudo, a pancia all’aria, con la gola aperta sicuramente da una lama, da parte a parte, gli occhi lividi spalancati. Il sangue lo aveva addosso sulle parti nude e sui pantaloncini, la sabbia era appena sporcata, le onde avevano probabilmente tolto il grosso, come stavano ripulendo il vomito di Saverio. Di sicuro, Saverio, non lo conosceva, o almeno così gli pareva; non si era soffermato più di tanto, per il grosso disagio che si era impadronito di lui. Il poveretto, dovette sedersi su quella barca rossa che sembrava essere proprio in tema con la scena. Non aveva mai visto un uomo morto “ammazzato”, perché se fosse stato un suicidio, riuscì appena a realizzare, ci sarebbe stata l’arma accanto. Invece non c’era niente. Solo il rumore del mare.
Saverio, si alzò dalla barca, e corse nella stanza dove c’era l’ufficio dello stabilimento e telefonò alla polizia. Poi si sedette sulla poltroncina di Monica, la giovane segreteria ed aspettò. Momenti interminabili, di spavento e agitazione e poi, iniziò a farsi tante domande. Di natura, Saverio, non era abituato a farsi i fatti suoi, ascoltava i pettegolezzi che gli venivano riferiti dai bagnanti, si teneva per sé quello che carpiva dai discorsi, conosceva tutte le belle signore nei loro splendidi costumi, i loro sorrisi, e forse, in qualcuna intuiva anche l’ insoddisfazione di un qualcosa che probabilmente inquietava. Donne che si facevano baciare dal sole ungendosi con creme solari cercando di rendere dorato e quindi più piacevole il proprio corpo. Donne grasse che si ostinavano a portare bikini ridotti compiaciute della loro siluette perché dimagrite di pochi kili. Uomini dallo stomaco ingrossato e deforme per il troppo cibo o per il troppo bere, ma anche giovani uomini compiaciuti del loro fisico se non addirittura fanatici della palestra. Generalmente erano tutte persone che frequentavano L’Oleandro da anni, gente che possedevano la casa al mare, clienti affezionati, o semplicemente abitudinari a quel punto di ristoro, per i primi piatti alle linguine allo scoglio, al riso di mare, cacciucco, alle insalate, e anche ai prezzi imbattibili per: qualità-prezzo. Conosceva persino i segreti dei giovani, i loro ammiccamenti e traeva le sue conclusioni quando al mattino, certe cabine non le trovava in ordine come le aveva lasciate la sera alla chiusura. Saverio era un uomo di quarant’anni, atletico e ottimo nuotatore. Lavorava da anni all’Oleandro da giugno a settembre, e nell’inverno aiutava suo padre nel negozio a Castagneto Carducci  di frutta e verdura di loro proprietà, la madre, sostituiva Saverio in negozio durante l’estate. Lui non era sposato, anzi, lo consideravano lo scapolo d’oro di Castagneto Carducci, ma intanto il  tempo scorreva veloce anche per lui.
La volante della polizia, anticipata dall’ambulanza, arrivò prestissimo e il primo a scendere fu il Commissario Sebastiano Guerra, uomo di oltre cinquant’anni, alto, grosso, e dal volto infastidito per la mancanza di sonno e per il negativo inizio della mattinata di ferragosto. Quello che diagnosticò a prima vista il Dottor Luigi Randazzi fu: omicidio con arma da taglio su giovane uomo dai trenta ai trentacinque anni.  Saverio, era rimasto impressionato e nella sua mente quelle parole ballavano ritmi veloci su una pista che era poi il suo cervello, mandandolo in tilt e incapace di svolgere, al momento, il suo abituale lavoro.

Ben presto la notizia rullò a tamburo, prima della stampa, sia a Marina di Castagneto che in quel di Castagneto Carducci, adorabile rocca storica, nel più bel  triangolo della verde  Toscana, culla della Maremma, luogo in cui nacque e trascorse la sua infanzia e gioventù il poeta Giosuè Carducci e dove si trova l’antico Castello dei conti della Gherardesca, antica famiglia di nobili Toscani, il cui nome è legato storicamente al tanto discusso Conte Ugolino, morto di fame in prigione nel 1289 e accusato, di essersi sfamato con i suoi stessi figli, imprigionati assieme lui.
Nel 2001 il Conte Gaddo della Gherardesca era stato al centro di pettegolezzi per la sua relazione con Sarah Ferguson, ex nuora di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra ma adesso, nell’agosto del 2011, c’era poco da spettegolare, un giovane uomo era stato ammazzato e abbandonato sulla spiaggia. Forse la sua agonia era stata lenta, le voci dicevano che era morto dissanguato. Il commissario Guerra aveva il suo bel d’affare…

                                 La ragazza incinta


Improvvisamente la porta dell’ufficio del commissario Guerra si spalancò dietro le proteste dell’appuntato di turno Placido Pista, che invano, aveva cercato di fermare una giovane donna che irruentemente era entrata con aggressività. Sebastiano Guerra, notò per prima cosa, l’evidente stato di gravidanza della donna, per questo, fece un cenno con la mano all’appuntato, come dire. “Va bene, lascia fare”. Non se ne intendeva di “pance”, sua moglie non aveva potuto renderlo padre, ma quella donna doveva essere quasi al termine della sua gravidanza. Pazientemente, le fece cenno di sedersi ed era pronto ad ascoltarla. Si chiamava Cinzia Rulli era di Cecina, ma abitava al momento, in una casa in affitto nella campagna di Castagneto Carducci, perché esponeva in una bancarella al mercatino sulla passeggiata di Marina di Castagneto Carducci,  tutte le sere, a prezzi modesti, la bigiotteria creata da lei, in rame ed acciaio.  Cercava il suo compagno, padre di quel figlio che avrebbe dovuto nascere a breve, visto che era entrata ormai nel nono mese.

Era visibilmente preoccupata e agitata. Si capiva che non era in questione una “scappatella” fuori programma. Tremava e sudava. Anche il commissario Guerra iniziò a preoccuparsi osservando bene quella giovane donna. Aveva l’aspetto di una ragazza neanche trentenne. Esile, a parte il pancione. Capelli biondi corti, occhi verde oliva e lineamenti delicati. Indossava pantaloni alla turca azzurri di cotone e una camicia senza maniche, leggera e larga, ai piedi calzava le infradito e notò che i suoi piedi era molto gonfi. Cercava l’uomo che amava: Hubert Bled e sorrise aggiungendo quasi con orgoglio, che il suo uomo portava proprio per cognome, il nome dell’omonimo lago. Lavorava in uno dei grandi complessi alberghieri di Porto Rose, alla Reception, ormai da cinque anni, e stava cercando di trovare un posto di lavoro per lei, dopo il parto, nella Life Body, mentre lei, già in possesso del diploma di estetista, si stava specializzando in un corso di ayurveda detox, programma per la disintossicazione del corpo, mente e spirito, indicato per chi avverte le conseguenze di un faticoso ritmo di vita. Sebastiano pensò: “ Forse questo sarebbe proprio il momento di mettere in pratica l’insegnamento appreso.” Ma tacque. La ragazza aveva addosso diversi monili: braccialetti a cerchio, e due collane, una corta e l’altra molto lunga. Il commissario, giudicò che dovevano essere oggetti di sua produzione, di poco valore, ma molto graziosi. Lei aveva conosciuto Hubert in una vacanza proprio sul lago di Bled , si erano innamorati e lui, che aveva un buon posto di lavoro e un ottimo stipendio, veniva in Italia, a Cecina, accumulando i giorni liberi con i permessi e le ferie. Ma ora, con la nascita del bambino, la sua vicinanza era essenziale, mentre stava diventando sempre più difficile stare insieme per via della distanza geografica, ma i progetti a breve avrebbero preso forma, Hubert aveva messo da parte un bel gruzzolo per poter vivere assieme. Non poteva contare su nessuno in Slovenia, i suoi genitori erano morti, ma lui sapeva lavorare sodo e guadagnava, almeno così le diceva. Hubert, doveva arrivare in Italia già da due giorni, ma i suoi contatti telefonici si erano fermati da allora.  All’inizio, Cinzia, non era stata così preoccupata, perché Hubert, certe volte, per guadagnare, lavorava anche al Casinò, come croupier, e lì non poteva rispondere al cellulare, né tenerlo aperto, per questo a volte non le rispondeva. La ragazza, forse volontariamente, aveva omesso il nome del Casinò, questo pensava il commissario Guerra, quando per associazione di idee, rivide mentalmente quel corpo dietro la barca con la gola tagliata…
Sebastiano Guerra, tossicchiò leggermente e delicatamente, dopo di che disse alla ragazza, che sarebbe stato subito operativo, omettendo il cupo pensiero che gli attanagliava la mente: che il morto fosse proprio lo sconosciuto della spiaggia. Prima di salutare la ragazza, le chiese una foto dell’uomo e lei, forse ancora più emozionata ed agitata, trasse dalla borsa a sacco fatta con della stoffa colorata in viola con piccole farfalle bianche, un portafogli in pelle rosso, e da lì, tirò fuori una foto a colori che ritraeva lei e il giovane abbracciati in un ampio giardino. Il commissario stava ancora osservando la foto, quando la donna, piegandosi in due e sorreggendo la pancia esclamò: “ O mio Dio!”
Sebastiano Guerra osservò spaventato il viso piegato in una smorfia della ragazza e da lì, il suoi occhi si posarono sul pavimento: l’ampia pozza d’acqua, fece comprendere anche a lui, che di queste cose aveva poca esperienza, che alla donna le si erano rotte le acque. Seguì un turbinio di voci concitate ed alte, fu chiamata l’ambulanza e in brevissimo tempo, Cinzia fu trasportata all’ospedale, mentre Sebastiano, telefonò al Dott. Luigi Randazzi dicendogli che di lì a poco, sarebbe giunto da lui per conoscere le novità sulla morte ed aggiunse: “ Ho la foto di un uomo scomparso, la sua ragazza è incinta, forse sta già partorendo, ed era fino a pochi minuti fa, qui nel mio ufficio…”. Il commissario, uscendo, telefonò a sua moglie Vania, dicendole che forse avrebbe avuto bisogno di lei, o meglio, della sua sensibilità femminile, poi, si avviò a passo veloce alla sua macchina, e velocemente mise in moto la sua Alfa Romeo Mito di colore beige chiaro, nuova di zecca.


La svolta sull’omicidio

Sebastiano Guerra aveva sempre avuto un ottimo intuito, ma questa volta, quando infilò in quell’androne bianco-verde quasi gelato, sperò ardentemente di essersi sbagliato, ma appena vide l’uomo, nudo e ripulito, lo riconobbe prima ancora di tirare fuori la foto. Il suo primo pensiero fu alla ragazza, a come avrebbe fatto a dirle che del suo sogno felice, rimaneva solo un bimbo-a, senza padre? Poi, ritornò freddo e dopo aver scambiato un breve dialogo col Dottor Randazzi, tornò velocemente al suo ufficio e si mise al telefono contattando la polizia Slovena. La Slovenia, terra di sole, di laghi, di passeggiate in bici, di bagni nelle magnifiche piscine termali, di mare,  quel Mar Adriatico bellissimo e verde smeraldo là in quelle terre del regno della ex Jugoslavia, e lui, proprio quell’Huber che portava il cognome del lago Bled, era venuto a morire sul Mar Tirreno, in una spiaggia di Marina di Castagneto Carducci, interrompendo così bruscamente, il sogno di Cinzia, che lo aspettava per poter poi, una volta partorito, andare a vivere e a lavorare a Portorose. Invece lui, Huber, si trovava in un obitorio e lei, Cinzia, in sala parto. Il motivo sull’assassinio non fu poi un gran rompicapo per il commissario Guerra, che ebbe ovviamente, tutta la collaborazione della polizia Slovena, da cui venne a sapere che il povero Huber era sì persona che lavorava alla reception di un grande albergo, e come aveva detto Cinzia, si dava da fare anche  come croupier al Casinò King, ma recentemente, forse per  trovare una via più sbrigativa, giocava forte e spesso anche vincendo, al Casinò Royal nella vicina Croazia. Pare che avesse conosciuto gente nell’ambito del gioco poco rispettabile, che lo avessero avvicinato nelle sue facili vincite, promettendogli guadagni veloci,  ma con lavoro poco stimabile e serio, e che lui, in seguito, si fosse stancato rivolendo indietro la vita di prima, ma cercando di fregarli portandosi via soldi, che lui riteneva gli spettassero. Questo non era piaciuto e considerandolo uno sgarbo, lo avevano seguito e ammazzato tagliandoli la gola proprio quando lui era arrivato vicino alla sua Cinzia per dirle che il sogno era a un passo dalla sua realizzazione. Gli assassini erano tre e al momento ne avevano catturati solo due, il terzo era riuscito a scappare. La signora Vania, moglie del commissario Guerra, fu la prima, dietro suggerimento del marito, ad andare all’ospedale di Cecina, reparto maternità, da Cinzia, dopo di lei, in sala di attesa,  c’era il commissario e altri componenti della polizia italiana e slovena. Cinzia aveva dato alla luce, un po’ in anticipo, una bella bambina di tre kg., seppero poi che il nome, era  Lucia, e la signora Vania, le fu vicina con tutto l’affetto che non le fu affatto difficile trovare per sorreggerla quando, in seguito,  il commissario Guerra le spiegò, col miglior tatto che gli fu possibile, la morte di Hubert, omettendo per il momento, il modo in cui lui era stato ucciso. Ci sono tragedie nella vita, dalle quali sembra non potersi risollevare più, eppure, si trova in qualche modo la forza di rimanere a galla, soprattutto se si ha la responsabilità di un’altra giovane vita da portare avanti.  Fu così anche per Cinzia e la sua piccola Lucia, che tenacemente, forse grazie anche alla sua aggressività e al suo lavoro, fece tesoro delle sue piccole mani che sapevano abilmente confezionare gioielli in metallo, riscuotendo successo sulle vendite, probabilmente anche aiutata dalla gente del luogo che era a conoscenza di tutto l’iter,  riuscì a sopportare le spese economiche e la morte di Hubert.




 Poi…

La Signora Vania Guerra, cinquantenne, casalinga, moglie del Commissario Sebastiano Guerra, non aveva mai pensato di passeggiare sul lungomare di Marina di Castagneto Carducci guidando un passeggino, non essendo mai stata mamma, eppure in quella timida primavera di Aprile, dopo quell’agosto tragico che aveva sconvolto la vita di Cinzia e trovato la morte di Huber, sorrideva felice a quella splendida bambola sorridente e gaia.  Cinzia, aveva preso in affitto un piccolo negozio a Castagneto Carducci e lì confezionava ed esponeva i suoi monili artistici, e lei, la Signora Vania, si era offerta di guardarle la bimba, ma chiaramente si era istaurato con i coniugi Guerra un rapporto saldo d’affetto e di amicizia.  La vita va oltre a tutto, pensò la signora Lella, anche alla morte. E’ così che deve essere, ed aveva appena sorpassato il Bagno l’Oleandro.

SANDRA CARRESI

martedì 6 settembre 2011

Non calpestate le margherite
Racconto di SANDRA CARRESI

Era un sabato sera di fine maggio, caldo e stellato, quando Luca riaccompagnò a casa Letizia e fu proprio lì, quando Lei stava per salutarlo che dalla sua bocca, come un fiume gli uscirono queste parole:
-“Ti lascio Letizia, è l’ultima sera che usciamo insieme, ho incontrato un’altra donna, me ne sono innamorato, mi spiace…, ti ho amata lo sai, ma adesso è finita”.
Letizia, trentacinquenne, insegnante di lettere, aprì la portiera ed entrò dentro il portone di casa senza dire una parola.
Era vero che l’aveva amata molto ed erano fidanzati, senza convivere, da ben quindici anni. Luca, aveva quarant’ anni, era biologo e si era dedicato alla ricerca in Ospedale, mentre Lei insegnava lingua italiana e storia in un Istituto Superiore.
Avevano fatto mille progetti, rimandato la convivenza e il matrimonio sempre a causa di Lei che non era pronta…
Assieme avevano girato il Mondo, acquistato mobili che erano poi stati messi da una parte, tipo collezione, e forse questo rapporto era diventato “abitudine”, comunque, questa situazione, andava bene ad entrambi.
Appena entrata in casa, Letizia, pianse disperatamente e si maledì per non essersi accorta di alcun cambiamento nei suoi confronti da parte di Luca. Poi, ripensandoci, i cambiamenti c’erano stati, eccome, ma non recenti, anzi risalivano a molto tempo indietro. Lei aveva un carattere orgoglioso e un tantino strafottente, Lui, dotato di enorme pazienza, aveva poi finito con “il farsi gli affari suoi”.
Quando gli amici comuni seppero la notizia, rimasero increduli e iniziarono a dire:
-“Ah…, ecco perché quando Letizia era a cena con i colleghi, Lui era introvabile, sempre fuori con gli amici…, c’era un’altra….”
-“Sì però scusa, anche Lei, quando Luca le chiedeva di accompagnarlo, rispondeva sempre: ma vai da solo, no?”-
Quello che all’inizio poteva essere un atteggiamento di superiorità da parte di Lei , era diventato col tempo “una sua caratteristica o un modo di fare” nei confronti di chi c’è sempre”. Beh, adesso Luca non c’era più per Lei e se ne accorse ben presto.
Dalla sorella di Luca, con la quale Letizia era ancora in contatto seppe che la nuova donna era una giovane laureata in medicina, lavorava nello stesso Ospedale di Luca e si sarebbero sposati fra sei mesi, in Ottobre.
Questo stato di cose mandò Letizia in depressione, ma faticosamente, sia grazie alla scuola, che alla palestra, riuscì, almeno apparentemente, a portare avanti i suoi impegni con disinvoltura, non fosse stato altro, che per non essere compatita o criticata a causa del carattere che si ritrovava.
A Ottobre Luca sposò Giordana. Bellissima donna, dalle caratteristiche fisiche completamente diverse rispetto a Letizia: altissima, magra, capelli corvini lunghi e lisci, occhi neri e dolci come il miele.
Qualcuno, degli amici più intimi di Letizia, all’epoca in cui erano una coppia, soleva dire:
-“Ma dai…, rilassati, scendi dalla cattedra, non sei in classe, siamo noi, i tuoi amici…”
Il suo viso, molto probabilmente per timidezza, era sempre severo, pronto alla difesa, e i suoi occhi, di un verde acqua marina, erano spesso sbarrati sulla frase di quel qualcuno che l’aveva pronunciata, lasciando a quella persona il dubbio di aver sbagliato qualcosa.
Gli sposi andarono a vivere nell’appartamento di Luca e tre anni d’amore ruzzolarono veloci senza che Luca cercasse notizie di Letizia che invece era rimasta in amicizia con la ex cognata, Marta, sentendola di tanto in tanto.
Col tempo, nasceva in Luca sempre più l’esigenza di un figlio, mentre per Giordana c’era tempo. Questo punto diventò a mano a mano una vera e propria ossessione, tanto che Luca diventò geloso; iniziò a controllare  la moglie in Ospedale, osservandola nel suo rapporto con i colleghi, sui rientri a casa, sul cellulare, e in breve tempo la loro unione diventò bufera. Giordana cercava di tranquillizzarlo, anche se, con questo sconosciuto e nuovo comportamento del marito, del tutto inaspettato, di un figlio, proprio non se ne parlava…
Era di nuovo maggio di alcuni anni dopo la famosa sera, al tempo in cui Luca aveva lasciato Letizia, ma tarda mattinata, cielo chiarissimo, bella giornata di sole, quando il telefono di Letizia squillò. Lei, ascoltò la voce rotta dai singhiozzi di Marta e  all’inizio non capì niente, poi comprese la tragedia: nella notte Luca aveva ucciso Giordana soffocandola col cuscino e poi…si era sparato, alla tempia….
Li avevano trovati in quel letto, luogo di passione e di grande amore.
Sangue e disordine. Lunghi capelli neri sparpagliati in un viso bellissimo dagli occhi sbarrati nel vuoto.
E’ difficile capire la testa umana, così come è difficoltoso ascoltare l’animo in qualche modo ferito. Lui, era sempre stato un uomo buono, paziente e disponibile, questo è ciò che conservava di Luca la testa di Letizia, Lei aveva sofferto più di quanto Lui avesse potuto immaginare, e in tutti questi anni, Luca, non aveva chiesto neppure a Marta, notizie di colei che aveva condiviso con Lui quindici anni di vita;  si era innamorato di un’altra donna, Le aveva donato  tutto il suo amore e  ne aveva ricevuto sicuramente altrettanto, poi…qualcosa era scattato, di grave, tanto da chiudere la partita della vita in maniera drammatica, lasciando intorno dolore atroce da gestire a chi rimane.
E’ facile calpestare le margherite, basta camminare in un bel prato verde, correre, giocare, scherzare, stendersi e lasciarsi sopraffare dall’insano possesso di un’altra vita, a volte anche non solo fisicamente, creando così danno a quella terra, diventata ormai, sgualcita e morta.


SANDRA CARRESI

sabato 3 settembre 2011

IL KILLER SILENZIOSO
Testo teatrale di Sandra Carresi
Atto Unico

Luogo: Noto Ospedale dell’Italia Centrale
Dipartimento di Endocrinologia
Sezione Malattie del Metabolismo
Diabetologia


Personaggi:
§   La signora Adele
Piacente cinquantenne, appena un poco in carne. Di carattere aperto, gioviale. Si presenta ogni sei mesi alla visita di controllo.
§    L’Infermiera Maria
Intrattiene i pazienti in attesa interessandosi al loro stato di salute. Ricorda di sei mesi in sei mesi tutto ciò che i pazienti raccontano. E’ un registratore vivente.


Scena:
L’ambulatorio del Dottor Fabrizio Celli, un ampio stanzone dell’Ospedale.
L’infermiera siede vicino alla porta ad una piccola scrivania e annota su un registro.
Il Dottore lontano, in fondo alla stanza sta seduto al suo ampio tavolo, legge.
Entra trafelata la Signora Adele
-         Buon giorno signora Maria, mi scusi. Sono in ritardo? Sa…, quando piove la città è un caos…
-         Oh, cara Signora Adele, come sta? Sono già passati sei mesi dall’ultima volta… e siamo ancora con l’acqua, il sole è una rarità, pare…-
-         Come sta la sua mamma? Suo figlio si è laureato? E il cagnone sempre dietro alle risse con i cani maschi?
-         Beh…, lasciamo perdere, faccio altro che ginnastica io con quella belva…., la palestra è una passeggiata rispetto ad uscire con la belva che tira dannatamente, per non parlare degli strattoni per stanare i gatti da dietro le macchine…, un fuscello dovrei essere Io…-
-         Che stress…, guardi Signora Maria, era meglio quando lavoravo, almeno mi svagavo, il quotidiano domestico ti ammazza…, pulisci casa, lavi, stiri, e nessuno è contento, vogliono sempre l’oggetto che ancora non è pronto…, ma Lei di sicuro queste lagne le conoscerà, per forza, ha tre uomini in casa! Mio figlio poi…, si laurea fra due mesi, e …guardi, questi figli se non escono da casa non cresceranno mai; mia madre, poveretta ha la badante, ma sa…, abbiamo avuto fortuna, è cingalese, bravissima e attentissima, senza di Lei …, non me ne parli. Eh… senta, di che umore è oggi il nostro Dottore… .???
-         E’ stanco, abbiamo tutti bisogno del sole, in questo Maggio avaro e piovoso, cosa vuole l’umore di tutti è un cimitero. Ma sta bene.
-         Senta, signora Maria, parlo sottovoce ma…, l’altra volta poi cosa gli era capitato al Dottore, ricorda? Non l’ho potuto salutare come sempre perché è svenuto e lo hanno portato via con l’ambulanza al Pronto Soccorso, mi dica…, mi dica, un infarto in atto?
-         Macché signora Adele, che dice…, ricorda che pallore? A mala pena riusciva ad esaudire le sue domande, poveretto…, aria, Signora Adele, aria in pancia…, vada da Lui adesso, altrimenti poi se la prende con me e dice che chiacchiero troppo, ma se Lei gli chiede dell’altra volta, sono sicura che gli farà piacere, lo ha detto a tutti che è svenuto per la troppa aria in pancia.
-
-         Mentre la Signora Adele si avvia verso la scrivania del Dottor Celli, lui fa calare i piccoli occhiali tondi sul naso, la osserva attento e serioso ed esclama:
-         Lei è dimagrita! Salga subito sulla bilancia! Nooo…, dove va? Non quella…., quella è per gli obesi, Lei non è obesa è solo un po’ sovrappeso….-
-         Dottore, buongiorno, grazie, si, ecco io, è che…sono sempre salita sulla grande digitale, la piccola non l’avevo neppure mai vista…e senta…, che devo fare…, tolgo le scarpe, la cintura, il maglione, i gioielli o…, salgo così come sono e fa poi Lei la tara?-
-         Beh, signora Adele, non vorrà che faccia una tara di 5kg, spero…, coraggio, quanto pesa..?-
-         65kg. Dottore, ma Le posso assicurare che la mattina a digiuno e… nuda, dopo aver ovviamente evacuato, sono esattamente 63,800kg.-
-         Si, si, va bene, sulla scheda segno 64kg., comunque rispetto all’ultima volta è dimagrita. Va bene.
-         Mi ha portato i valori della glicemia, spero, vediamo come vanno. E che diamine…, che mangia al mattino per colazione? Andrebbero bene, ma c’è la puntata del dopo colazione, peggio del pranzo e della cena, perdinci che colazione è la sua?-
-         Schiacciata Dottore, con l’olio. Acquistata dal fornaio quando compro il pane. Al mattino devo mangiare, mi sento debole, devo affrontare la giornata, sono anche nervosa  perché la notte non dormo bene, anzi soffro di insonnia.-
-         Codesta cosa non mi riguarda, io faccio il mio di lavoro. –
-         Allora vediamo, potremmo aggiustare la colazione aggiungendo la pastiglia del pranzo e della cena pure a colazione, direi proprio di si…, così terremmo a bada anche la glicemia del dopo colazione, a digiuno invece vedo che è contenuta. Direi che su questo fronte possiamo andare avanti così, passiamo alla pressione…-
Silenzio, si ode solo il rumore dell’apparecchio che va…
-         Si va bene, “arruolata”, direi. Con 120-80 possiamo esternare che la pasticca funziona, anzi vedo che sono due. Comunque bene.-
-         Dottore, ma tutte queste pastiglie…, penso sempre al mio povero stomaco…-
-         Signora Adele, il suo metabolismo, dopo il suo antico intervento, è andato a gambe all’aria, mi scusi l’espressione forte ma efficiente, non possiamo togliere assolutamente niente, d’altra parte lo stomaco ha già un suo protettore e se non le duole è già un successo. Vede, in fondo sono i risultati quelli che contano, come si raggiungono, beh…, lasciamo stare, non sempre si raggiungono con i farmaci sa…?-Si deve accontentare, anche per quel suo intervento che è ormai una partita conclusa, sia serena. Ci vediamo fra sei mesi se nel frattempo non ci sono cose nuove.-
-         Grazie Dottore, posso andare a prendere il prossimo appuntamento allora e…, mi scusi, le volevo chiedere dell’altra volta, si…, quando non è stato bene, è tutto risolto vero?-
-         Si, si. Aria, signora Adele, aria in pancia. Francamente pensavo ad un infarto, partiva dallo stomaco ed invece, mah…, come ci sarà arrivata tanta aria proprio non lo capisco.-
-         Arrivederci.-
-         Grazie Dottore.-
Il dott. Celli esce dalla stanza, mentre la Signora Adele si avvicina all’infermiera Maria per prendere il nuovo appuntamento.-
-         Allora Signora Adele, ci vediamo questa volta un po’ più tardi dei sei mesi perché proprio non c’è posto prima. Qui è un porto di mare, sembra che tutti abbiano il diabete…, mah, andiamo a gennaio 2011, va bene?-
-
-         Per forza, se non c’è prima…, vado via con l’acqua e tornerò con l’acqua…, che depressione….-
-         Ah.., a proposito di depressione, le racconto questa cosa, guardi che rimanga fra noi…., sa la sua vicina di casa, quella signora poverina depressa ed obesa, si, la Signora Marzia, quella che è visitata dal Dottor Mugnaini? E’ successo un macello l’altro volta, una roba….-
-         Ah si? Mi racconti, non mi ha detto niente. Io a volte le telefono, ma non vuol mai uscire, dice che non le sta niente, di abbigliamento intendo, veste solo con tute ginniche, poveretta, e pensi ha meno dieci anni di me!!! Ma è sua madre la colpevole! La fa sentire in colpa di tutto. Certe madri per il troppo bene, forse, ammazzano.-
-         Allora senta, Signora Adele, il dottor Mugnaini quando ha visto che invece di dimagrire aveva preso altri 5kg. si è arrabbiato in maniera furibonda e beh…sa com’è Lui, bravo ma tagliente, le ha dato praticamente nella foga “della grassona”. Lei è sempre dimessa e accetta sempre senza dire niente i rimproveri, beh, quella volta si vede che le girava male e gli ha risposto: – Scusi, ma Lei per caso si vede magro? E’ alto, siamo d’accordo, ma davanti ha una grande buzza, anche Lei è grasso che crede?- Non le dico il Dottor Mugnaini…, era rosso violaceo e inviperito le ha risposto:- Ma io non ho il diabete, cara Signora!- Poi è uscito sbattendo la porta. In seguito Lei ha chiesto di essere visitata da un medico meno villano. C’è stata un po’ di agitazione ed è andata a finire che la Signora Marzia è stata assegnata ad un medico nuovo, giovane, molto giovane, un po’ timido.  Poveretta.
-         Eh, cara Signora Maria, ognuno ha i suoi problemi e li dobbiamo combattere. Adesso io dovrò affrontare questo acquazzone per arrivare a prendere il bus che non passa mai, che sarà affollatissimo, mi prenderò l’ombrellate alle gambe, tornerò a casa fradicia nonostante l’ombrello e i miei cari uomini mi diranno: -Beate te che non vai al lavoro!-
-         L’estate signora Maria, ci vuole l’estate, il caldo, il sole, l’abbronzatura, però magari senza le zanzare, se ci penso…, l’altro anno guardi mi hanno martorizzata…., beh, alla prossima volta…-
-         Alla prossima volta…, arrivederci…., oh venga Sig.ra Claudia, si accomodi, scusi ma…,la signora Adele non la finiva più di raccontarmi le sue cose…


P.S. Precisazione: Luoghi, fatti e personaggi…, sono tutti immaginari.
di SANDRA CARRESI