mercoledì 14 settembre 2011

Ferragosto insanguinato
racconto di Sandra Carresi                                                 



Non era stata una bella estate. Il tempo, molto variabile, aveva stressato tutti i bagnanti di Marina di Castagneto. O meglio, tutti gli italiani. Al Nord, praticamente, l’estate non l’avevano mai vista, al centro, passavano dal caldo torrido alle piogge copiose e violente, al Sud, acqua e poche giornate di sole. L’estate del 2011, andava accettata così. Non si poteva ordinare niente di meglio. Ogni mattina Saverio, il bagnino dello stabilimento balneare “ L’Oleandro”, per via di quegli alberi piccoli ma dai fiori a grappolo rosa che costeggiavano il marciapiede che introduceva all’entrata della spiaggia, era intento a svolgere il suo lavoro: rastrellava la spiaggia, toglieva qualche carta, probabilmente notturna, e apriva gli ombrelloni, sempre che, Sua Maestà, Il Sole, si degnasse di uscire, altrimenti, se coperto dalle nebbie, ombroso e permaloso come sempre, gli ombrelloni rimanevano chiusi ed allora quel panorama di lunghe file di sdraio, lettini, e asciugamani, erano le uniche note colorate, assieme ai costumi da bagno, e gli schiamazzi dei bambini, unico suono alto che si univa al mare quasi sempre ricco di schiuma bianca per via dei cavalloni che s’infrangevano a riva trascinando via secchielli e palette. Ma quella mattina, era ferragosto, e Saverio alle sei del mattino di lunedì era già in spiaggia a sistemare. Guardò il cielo e lo trovò chiarissimo, pensò: «Stai a vedere che quest’anno l’estate arriva dopo Ferragosto, sì, oggi dovrebbe essere proprio una splendida giornata di sole». Poi, improvvisamente, dietro la barca di Arturo, uno dei clienti dello stabilimento balneare, un sei metri a venticinque cavalli, rossa fiammeggiante, vide due piedi e pensò: «Caspiterina, qualcuno stanotte ha frascheggiato sotto le stelle e ancora sta dormendo alla grossa». Si avvicinò, pronto a rimproverare, ma appena fu vicino alla presenza umana, di scatto si voltò dall’altra parte portandosi una mano alla bocca, quasi ad evitare il vomito, che tuttavia finì sulla sabbia.

Lo scenario non era dei migliori: un uomo, sembrava giovane, in costume da bagno a pantaloncino, dorso nudo, a pancia all’aria, con la gola aperta sicuramente da una lama, da parte a parte, gli occhi lividi spalancati. Il sangue lo aveva addosso sulle parti nude e sui pantaloncini, la sabbia era appena sporcata, le onde avevano probabilmente tolto il grosso, come stavano ripulendo il vomito di Saverio. Di sicuro, Saverio, non lo conosceva, o almeno così gli pareva; non si era soffermato più di tanto, per il grosso disagio che si era impadronito di lui. Il poveretto, dovette sedersi su quella barca rossa che sembrava essere proprio in tema con la scena. Non aveva mai visto un uomo morto “ammazzato”, perché se fosse stato un suicidio, riuscì appena a realizzare, ci sarebbe stata l’arma accanto. Invece non c’era niente. Solo il rumore del mare.
Saverio, si alzò dalla barca, e corse nella stanza dove c’era l’ufficio dello stabilimento e telefonò alla polizia. Poi si sedette sulla poltroncina di Monica, la giovane segreteria ed aspettò. Momenti interminabili, di spavento e agitazione e poi, iniziò a farsi tante domande. Di natura, Saverio, non era abituato a farsi i fatti suoi, ascoltava i pettegolezzi che gli venivano riferiti dai bagnanti, si teneva per sé quello che carpiva dai discorsi, conosceva tutte le belle signore nei loro splendidi costumi, i loro sorrisi, e forse, in qualcuna intuiva anche l’ insoddisfazione di un qualcosa che probabilmente inquietava. Donne che si facevano baciare dal sole ungendosi con creme solari cercando di rendere dorato e quindi più piacevole il proprio corpo. Donne grasse che si ostinavano a portare bikini ridotti compiaciute della loro siluette perché dimagrite di pochi kili. Uomini dallo stomaco ingrossato e deforme per il troppo cibo o per il troppo bere, ma anche giovani uomini compiaciuti del loro fisico se non addirittura fanatici della palestra. Generalmente erano tutte persone che frequentavano L’Oleandro da anni, gente che possedevano la casa al mare, clienti affezionati, o semplicemente abitudinari a quel punto di ristoro, per i primi piatti alle linguine allo scoglio, al riso di mare, cacciucco, alle insalate, e anche ai prezzi imbattibili per: qualità-prezzo. Conosceva persino i segreti dei giovani, i loro ammiccamenti e traeva le sue conclusioni quando al mattino, certe cabine non le trovava in ordine come le aveva lasciate la sera alla chiusura. Saverio era un uomo di quarant’anni, atletico e ottimo nuotatore. Lavorava da anni all’Oleandro da giugno a settembre, e nell’inverno aiutava suo padre nel negozio a Castagneto Carducci  di frutta e verdura di loro proprietà, la madre, sostituiva Saverio in negozio durante l’estate. Lui non era sposato, anzi, lo consideravano lo scapolo d’oro di Castagneto Carducci, ma intanto il  tempo scorreva veloce anche per lui.
La volante della polizia, anticipata dall’ambulanza, arrivò prestissimo e il primo a scendere fu il Commissario Sebastiano Guerra, uomo di oltre cinquant’anni, alto, grosso, e dal volto infastidito per la mancanza di sonno e per il negativo inizio della mattinata di ferragosto. Quello che diagnosticò a prima vista il Dottor Luigi Randazzi fu: omicidio con arma da taglio su giovane uomo dai trenta ai trentacinque anni.  Saverio, era rimasto impressionato e nella sua mente quelle parole ballavano ritmi veloci su una pista che era poi il suo cervello, mandandolo in tilt e incapace di svolgere, al momento, il suo abituale lavoro.

Ben presto la notizia rullò a tamburo, prima della stampa, sia a Marina di Castagneto che in quel di Castagneto Carducci, adorabile rocca storica, nel più bel  triangolo della verde  Toscana, culla della Maremma, luogo in cui nacque e trascorse la sua infanzia e gioventù il poeta Giosuè Carducci e dove si trova l’antico Castello dei conti della Gherardesca, antica famiglia di nobili Toscani, il cui nome è legato storicamente al tanto discusso Conte Ugolino, morto di fame in prigione nel 1289 e accusato, di essersi sfamato con i suoi stessi figli, imprigionati assieme lui.
Nel 2001 il Conte Gaddo della Gherardesca era stato al centro di pettegolezzi per la sua relazione con Sarah Ferguson, ex nuora di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra ma adesso, nell’agosto del 2011, c’era poco da spettegolare, un giovane uomo era stato ammazzato e abbandonato sulla spiaggia. Forse la sua agonia era stata lenta, le voci dicevano che era morto dissanguato. Il commissario Guerra aveva il suo bel d’affare…

                                 La ragazza incinta


Improvvisamente la porta dell’ufficio del commissario Guerra si spalancò dietro le proteste dell’appuntato di turno Placido Pista, che invano, aveva cercato di fermare una giovane donna che irruentemente era entrata con aggressività. Sebastiano Guerra, notò per prima cosa, l’evidente stato di gravidanza della donna, per questo, fece un cenno con la mano all’appuntato, come dire. “Va bene, lascia fare”. Non se ne intendeva di “pance”, sua moglie non aveva potuto renderlo padre, ma quella donna doveva essere quasi al termine della sua gravidanza. Pazientemente, le fece cenno di sedersi ed era pronto ad ascoltarla. Si chiamava Cinzia Rulli era di Cecina, ma abitava al momento, in una casa in affitto nella campagna di Castagneto Carducci, perché esponeva in una bancarella al mercatino sulla passeggiata di Marina di Castagneto Carducci,  tutte le sere, a prezzi modesti, la bigiotteria creata da lei, in rame ed acciaio.  Cercava il suo compagno, padre di quel figlio che avrebbe dovuto nascere a breve, visto che era entrata ormai nel nono mese.

Era visibilmente preoccupata e agitata. Si capiva che non era in questione una “scappatella” fuori programma. Tremava e sudava. Anche il commissario Guerra iniziò a preoccuparsi osservando bene quella giovane donna. Aveva l’aspetto di una ragazza neanche trentenne. Esile, a parte il pancione. Capelli biondi corti, occhi verde oliva e lineamenti delicati. Indossava pantaloni alla turca azzurri di cotone e una camicia senza maniche, leggera e larga, ai piedi calzava le infradito e notò che i suoi piedi era molto gonfi. Cercava l’uomo che amava: Hubert Bled e sorrise aggiungendo quasi con orgoglio, che il suo uomo portava proprio per cognome, il nome dell’omonimo lago. Lavorava in uno dei grandi complessi alberghieri di Porto Rose, alla Reception, ormai da cinque anni, e stava cercando di trovare un posto di lavoro per lei, dopo il parto, nella Life Body, mentre lei, già in possesso del diploma di estetista, si stava specializzando in un corso di ayurveda detox, programma per la disintossicazione del corpo, mente e spirito, indicato per chi avverte le conseguenze di un faticoso ritmo di vita. Sebastiano pensò: “ Forse questo sarebbe proprio il momento di mettere in pratica l’insegnamento appreso.” Ma tacque. La ragazza aveva addosso diversi monili: braccialetti a cerchio, e due collane, una corta e l’altra molto lunga. Il commissario, giudicò che dovevano essere oggetti di sua produzione, di poco valore, ma molto graziosi. Lei aveva conosciuto Hubert in una vacanza proprio sul lago di Bled , si erano innamorati e lui, che aveva un buon posto di lavoro e un ottimo stipendio, veniva in Italia, a Cecina, accumulando i giorni liberi con i permessi e le ferie. Ma ora, con la nascita del bambino, la sua vicinanza era essenziale, mentre stava diventando sempre più difficile stare insieme per via della distanza geografica, ma i progetti a breve avrebbero preso forma, Hubert aveva messo da parte un bel gruzzolo per poter vivere assieme. Non poteva contare su nessuno in Slovenia, i suoi genitori erano morti, ma lui sapeva lavorare sodo e guadagnava, almeno così le diceva. Hubert, doveva arrivare in Italia già da due giorni, ma i suoi contatti telefonici si erano fermati da allora.  All’inizio, Cinzia, non era stata così preoccupata, perché Hubert, certe volte, per guadagnare, lavorava anche al Casinò, come croupier, e lì non poteva rispondere al cellulare, né tenerlo aperto, per questo a volte non le rispondeva. La ragazza, forse volontariamente, aveva omesso il nome del Casinò, questo pensava il commissario Guerra, quando per associazione di idee, rivide mentalmente quel corpo dietro la barca con la gola tagliata…
Sebastiano Guerra, tossicchiò leggermente e delicatamente, dopo di che disse alla ragazza, che sarebbe stato subito operativo, omettendo il cupo pensiero che gli attanagliava la mente: che il morto fosse proprio lo sconosciuto della spiaggia. Prima di salutare la ragazza, le chiese una foto dell’uomo e lei, forse ancora più emozionata ed agitata, trasse dalla borsa a sacco fatta con della stoffa colorata in viola con piccole farfalle bianche, un portafogli in pelle rosso, e da lì, tirò fuori una foto a colori che ritraeva lei e il giovane abbracciati in un ampio giardino. Il commissario stava ancora osservando la foto, quando la donna, piegandosi in due e sorreggendo la pancia esclamò: “ O mio Dio!”
Sebastiano Guerra osservò spaventato il viso piegato in una smorfia della ragazza e da lì, il suoi occhi si posarono sul pavimento: l’ampia pozza d’acqua, fece comprendere anche a lui, che di queste cose aveva poca esperienza, che alla donna le si erano rotte le acque. Seguì un turbinio di voci concitate ed alte, fu chiamata l’ambulanza e in brevissimo tempo, Cinzia fu trasportata all’ospedale, mentre Sebastiano, telefonò al Dott. Luigi Randazzi dicendogli che di lì a poco, sarebbe giunto da lui per conoscere le novità sulla morte ed aggiunse: “ Ho la foto di un uomo scomparso, la sua ragazza è incinta, forse sta già partorendo, ed era fino a pochi minuti fa, qui nel mio ufficio…”. Il commissario, uscendo, telefonò a sua moglie Vania, dicendole che forse avrebbe avuto bisogno di lei, o meglio, della sua sensibilità femminile, poi, si avviò a passo veloce alla sua macchina, e velocemente mise in moto la sua Alfa Romeo Mito di colore beige chiaro, nuova di zecca.


La svolta sull’omicidio

Sebastiano Guerra aveva sempre avuto un ottimo intuito, ma questa volta, quando infilò in quell’androne bianco-verde quasi gelato, sperò ardentemente di essersi sbagliato, ma appena vide l’uomo, nudo e ripulito, lo riconobbe prima ancora di tirare fuori la foto. Il suo primo pensiero fu alla ragazza, a come avrebbe fatto a dirle che del suo sogno felice, rimaneva solo un bimbo-a, senza padre? Poi, ritornò freddo e dopo aver scambiato un breve dialogo col Dottor Randazzi, tornò velocemente al suo ufficio e si mise al telefono contattando la polizia Slovena. La Slovenia, terra di sole, di laghi, di passeggiate in bici, di bagni nelle magnifiche piscine termali, di mare,  quel Mar Adriatico bellissimo e verde smeraldo là in quelle terre del regno della ex Jugoslavia, e lui, proprio quell’Huber che portava il cognome del lago Bled, era venuto a morire sul Mar Tirreno, in una spiaggia di Marina di Castagneto Carducci, interrompendo così bruscamente, il sogno di Cinzia, che lo aspettava per poter poi, una volta partorito, andare a vivere e a lavorare a Portorose. Invece lui, Huber, si trovava in un obitorio e lei, Cinzia, in sala parto. Il motivo sull’assassinio non fu poi un gran rompicapo per il commissario Guerra, che ebbe ovviamente, tutta la collaborazione della polizia Slovena, da cui venne a sapere che il povero Huber era sì persona che lavorava alla reception di un grande albergo, e come aveva detto Cinzia, si dava da fare anche  come croupier al Casinò King, ma recentemente, forse per  trovare una via più sbrigativa, giocava forte e spesso anche vincendo, al Casinò Royal nella vicina Croazia. Pare che avesse conosciuto gente nell’ambito del gioco poco rispettabile, che lo avessero avvicinato nelle sue facili vincite, promettendogli guadagni veloci,  ma con lavoro poco stimabile e serio, e che lui, in seguito, si fosse stancato rivolendo indietro la vita di prima, ma cercando di fregarli portandosi via soldi, che lui riteneva gli spettassero. Questo non era piaciuto e considerandolo uno sgarbo, lo avevano seguito e ammazzato tagliandoli la gola proprio quando lui era arrivato vicino alla sua Cinzia per dirle che il sogno era a un passo dalla sua realizzazione. Gli assassini erano tre e al momento ne avevano catturati solo due, il terzo era riuscito a scappare. La signora Vania, moglie del commissario Guerra, fu la prima, dietro suggerimento del marito, ad andare all’ospedale di Cecina, reparto maternità, da Cinzia, dopo di lei, in sala di attesa,  c’era il commissario e altri componenti della polizia italiana e slovena. Cinzia aveva dato alla luce, un po’ in anticipo, una bella bambina di tre kg., seppero poi che il nome, era  Lucia, e la signora Vania, le fu vicina con tutto l’affetto che non le fu affatto difficile trovare per sorreggerla quando, in seguito,  il commissario Guerra le spiegò, col miglior tatto che gli fu possibile, la morte di Hubert, omettendo per il momento, il modo in cui lui era stato ucciso. Ci sono tragedie nella vita, dalle quali sembra non potersi risollevare più, eppure, si trova in qualche modo la forza di rimanere a galla, soprattutto se si ha la responsabilità di un’altra giovane vita da portare avanti.  Fu così anche per Cinzia e la sua piccola Lucia, che tenacemente, forse grazie anche alla sua aggressività e al suo lavoro, fece tesoro delle sue piccole mani che sapevano abilmente confezionare gioielli in metallo, riscuotendo successo sulle vendite, probabilmente anche aiutata dalla gente del luogo che era a conoscenza di tutto l’iter,  riuscì a sopportare le spese economiche e la morte di Hubert.




 Poi…

La Signora Vania Guerra, cinquantenne, casalinga, moglie del Commissario Sebastiano Guerra, non aveva mai pensato di passeggiare sul lungomare di Marina di Castagneto Carducci guidando un passeggino, non essendo mai stata mamma, eppure in quella timida primavera di Aprile, dopo quell’agosto tragico che aveva sconvolto la vita di Cinzia e trovato la morte di Huber, sorrideva felice a quella splendida bambola sorridente e gaia.  Cinzia, aveva preso in affitto un piccolo negozio a Castagneto Carducci e lì confezionava ed esponeva i suoi monili artistici, e lei, la Signora Vania, si era offerta di guardarle la bimba, ma chiaramente si era istaurato con i coniugi Guerra un rapporto saldo d’affetto e di amicizia.  La vita va oltre a tutto, pensò la signora Lella, anche alla morte. E’ così che deve essere, ed aveva appena sorpassato il Bagno l’Oleandro.

SANDRA CARRESI

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