mercoledì 25 gennaio 2012

Palestra

racconto di SANDRA CARRESI

Amina quel pomeriggio arrivò tutta trafelata in palestra con notevole ritardo. Agitando le mani ci fece smettere gli esercizi che stavamo facendo per ascoltarla.
Di media statura, snella e con tanti riccioli neri, di sicuro era donna piena di energia e simpatica. Rossa in viso, tutte pensavamo che fosse reduce da una corsa per il ritardo, ed invece, si trattava di altro.
Gesticolava in continuazione e si portava le mani al viso, poi, faceva ricadere le braccia lungo i fianchi magrissimi sbattendo con forza la capigliatura riccia.
Venendo in Palestra, si era presentata prima agli spogliatoi per indossare la tuta ginnica, poi era passata nei bagni. Non saprei dire neppure io il motivo, ma nei bagni non esiste la figurina, né la dicitura che indica: uomini – donne-. Nessuna di noi ci ha mai fatto veramente attenzione, fino a quando ad Amina è capitato di andarci, per caso di non chiudersi bene e sempre per caso e proprio mentre era ritta, in posizione di ricomporsi, dopo aver provveduto a fare quello di cui necessitava, la porta si era spalancata ed un Signore, in età avanzata, era entrato, e per niente imbarazzato, si era fermato sulla porta ammirando il panorama.
La povera Amina, prima scioccata e poi infastidita, aveva dato uno tonfo alla porta, ma… l’imbarazzo era rimasto lì a paralizzarla.
Lei, sempre gesticolando si apprestava ad aggiungere che il fastidio e la vergogna non sarebbero stati tali se quella persona, che Lei non conosceva personalmente, fosse tuttavia un uomo che incontrava quasi ogni giorno al vicino supermarket.
Tutte noi già vedevamo Amina protetta da grossi occhiali neri anche in tempo di pioggia, circolare nell’ambiente del supermarket fra arance, banane e castagne.
Provammo a rincuorarla, a dirle che erano cose che potevamo capitare, e riprendemmo gli esercizi, anche se Lei, nella sua esercitazione ginnica era completamente con la testa altrove.
Terminata la lezione, negli spogliatoi, ci comunicò nuovamente la sua vergogna per tutte le volte che lo avesse incontrato, finché una di noi, proprio per rendere più leggera la situazione, Le disse:
- Dai Amina, prendila così: in fondo hai fatto un’opera buona…-
Era sicuramente una persona di spirito e sempre molto allegra, ma questa esperienza l’aveva turbata nel suo privato  e quella sera se ne andò come era entrata: rossa in viso, agitata e gesticolante.
La volta successiva  già non ci pensava più, a chi le domandava come erano andati gli incontri al supermarket, Amina rispondeva che si era raccomandata tanto al piano di sopra per non aver incontri indesiderati e al momento era stata ascoltata. Questa sua esperienza fu presto sostituita dai suoi continui mutamenti di calore corporeo data l’età, al caldo improvviso e poi al freddo. Eravamo tanto prese ad ascoltarla che mettevamo da una parte tutti i nostri “amanti noiosi”.
Un luogo di incontro, di donne, quasi sconosciute, donne che si raccontano, si confrontano, si incoraggiano, esperienze diverse, occupazioni diverse, che lavorano in tuta ginnica, scarpe basse, struccate, per poi affrontare il quotidiano spesso da pantere in tacchi alti e profumi.
Donne, solo Donne.


SANDRA CARRESI

giovedì 19 gennaio 2012

Un brav'Uomo

racconto di Sandra Carresi

Quando lo conobbi ero molto giovane. Lui, all’epoca, aveva passato i cinquant’anni. Piccolo e tondo, severo e forse burbero, con labbra carnose, bella dentatura, voce maschile e interessante.
Nel corso degli anni ebbi modo di stimarlo come persona anche se, come dalla prima impressione, mi trasmetteva soggezione.
Corretto e generoso, aveva distribuito parte dei suoi risparmi agli unici due nipoti, facendo sempre presente ai propri figli di contare su di Lui per qualsiasi necessità.
Rispecchiando la propria personalità aveva condotto una vita modesta e dignitosa dividendosi tra il lavoro e la famiglia. Rimasto solo, nella grande casa, aveva “volato” per ben due volte in Africa, rimanendoci per un lungo periodo .
Trascorreva l’estate in una cittadina marina respirando il salmastro a piedi nudi e in pantaloni corti. Di carnagione scura, al rientro in città assomigliava molto ad un vecchio marinaio o ad un maestro di sci a riposo, dato che il fisico era sempre tondeggiante anche se perennemente a dieta.
Per lunghi anni aveva assistito la moglie malata, senza mai lamentarsi, indossando le vesti d’infermiere con amore e con quella rigidità morale e senso del dovere fino a raggiungere la professionalità.
Invecchiando si era addolcito, maturando un certo umorismo da renderlo buffo e piacevole. Di tanto in tanto spuntava quell’autorità che lo caratterizzava, ma poi sorrideva e faceva tenerezza. Il crollo fu improvviso, veloce, iniziò dall’organo che più di ogni altro era stato attivo: la testa. Era riuscito a sopravvivere alla guerra, alla prigionia, perfino al cancro e all’infarto, ma non all’invecchiamento della mente.
Accettò di buon grado “l’ospite a tempo indeterminato” dentro casa. Negli ultimi quindici anni, dopo la morte della moglie, aveva vissuto da solo in quella casa grande, perfettamente a suo agio, ordinato e prolisso come lo era la sua persona.
Questa nuova presenza lo confortava, ma alcune volte, a causa della malattia, non riconosceva questa signora che “viaggiava” in casa sua, spostando le sue cose, aprendo i suoi armadi e cassetti, allora, di nuovo tornava burbero minacciando di chiamare i carabinieri.
Un passato molto lontano era il presente. Ragazzo con i suoi fratelli cercava la propria bicicletta. Raccontava di essere appena rientrato dal bar vicino dove aveva partecipato ad una vivace partita a carte in compagnia di persone ormai da tempo non più presenti in questa terra. Si domandava chi avesse messo in ordine le stanze da quel trasloco appena terminato, rammaricandosi per non conoscere la persona a cui essere grato per tutto ciò. La scuola doveva avere avuto un ruolo importante nella sua vita, tanto da essere preoccupato per i compiti da fare e per la stima verso il maestro.
Quando, sono andata a trovarlo mi ha sempre riconosciuta, almeno appena entrata, regalandomi un sorriso d’intesa, ma poi penetrava nelle stanze delle sua mente, le più lontane, diventando irritabile
e preoccupato per il ritardo a cui andava incontro ad una cena importante. Una volta mi ha pure detto, cercando di alzarsi dalla sua sedia:
- devo andare via -
- e dove? -
- dal Padre Eterno -
Ma io non credo che lo pensasse veramente, perché ridendo ha aggiunto – “ma quando si mangia?”




di Sandra Carresi

giovedì 12 gennaio 2012

La magia della polvere d'oro



Mi chiamo Elvira, e sono la maga della polvere magica. La magia mi è stata tramandata dalla nonna di mia nonna; non conosco la mia età, ma so che lo stagno mi rimanda sempre la stessa immagine. Adesso vi racconterò la storia di una fattoria e dei suoi personaggi, vi raccomando attenzione e partecipazione, devo anche aggiungere che sono molto arrabbiata col vento, che un po' invidioso dei miei poteri, si diverte a soffiare forte e a spostarmi la polvere, insomma, adora farmi i dispetti.
Dante e Vera sono due coniugi, non più giovani, i loro figli sono andati a cercare fortuna in città, non vogliono fare i contadini, e loro hanno accettato le scelte dei giovani, rimanendo lì nella loro adorata fattoria, fra le loro sicurezze: la terra, gli animali e gli strumenti di lavoro, quelli che gli hanno permesso il benessere, pur faticando ma con soddisfazione.
Infatti, i due coniugi conducono una vita semplice, si cibano dei prodotti della loro terra, coltivano ortaggi, posseggono qualche albero da frutta, hanno due mucche, qualche gallina e il vecchio fedele Paky, un cane meticcio bianco con una macchia nera sulla metà del muso, sempre pronto a fare la guardia e a scodinzolare. Ma fra i "fedeli" non c'è solo Paky, ma anche Bens, il trattore su cui Dante passa le sue giornate di lavoro.
La fattoria si trova in una campagna isolata, lontana molti chilometri dalla città e persino dal primo centro abitato. Dante e sua moglie comprendono come i due giovani figli desiderino la vivacità della città, i divertimenti, e magari un lavoro diverso, però partire così, lasciandoli soli…, ma Lui si sente ancora forte e sano, nonostante l'età e forse con l'aiuto della moglie, può ancora farcela.
Dante non rinuncerebbe mai al suo forcone per sistemare la paglia, ai suoi vasi di giara per raccogliere gli ortaggi, al carretto che attacca al trattore per andare a prendere la paglia alla sua zappa e a tutti quegli strumenti che adora, perché sono semplici e utili, un po’ come si sente ancora lui. Per quanto riguarda la lontananza dei figli, beh, questo è un peso che si può sopportare solo se si è in due.
Tutto trascorre per il meglio, ma un giorno fa visita alla fattoria un tizio, il cui nome è Igor. Dice di essere un venditore. I coniugi, sono persone prudenti, ma hanno anche il culto dell'ospitalità.
Igor è un uomo altissimo e imponente, ha tanti capelli ricci cresciuti disordinatamente, neri con qualche filo argentato, un paio di baffoni ancora neri, un sorriso ambiguo e, cosa insolita, per uomo così poco curato, i suoi denti sono una cascata di perle bianche; la sua età, forse poco più di quaranta anni, è un uomo che parla tanto, sa convincere e saprebbe vendere anche la nebbia alle stelle. Propone ai due anziani la vendita di una polvere magica dal colore dell'oro, che farà raddoppiare il raccolto senza fatica e in breve tempo.
Dante naturalmente è scettico, mentre Vera ascolta a bocca aperta e con occhi sgranati, però sono anche stanchi ambedue di contare solo sulle loro forze, forse con questo aiuto potrebbero nuovamente vedere i campi com’erano una volta: prosperosi e in più senza una grande fatica, forse, anche i figli potrebbero tornare a lavorare lì, in fondo si tratta solo di spargere della polvere e di mandare a riposo anche gli attrezzi. Loro sono vecchi, hanno già lavorato tanto.
Dante accetta e si organizza subito. Lavora intensamente per una settimana intera con l'aiuto di Bens qua e là per i campi, trasporta col carretto i vasi di giara pieni di polvere magica e la cosparge in ogni metro di terra, perfino intorno agli alberi, ovunque e poi attende paziente.
Ma il tempo passa, una settimana, poi due, poi mesi, un disastro; la terra è sempre più avara, le spese aumentano perché Dante è costretto a scendere nel vicino paese per acquistare delle raccolte di cibo, ma non basta, i coniugi devono vendere gli animali alla fiera del paese per sostenere le spese, e a Dante non rimane che la povera Vera e Paky il cagnolino.
Questa volta è Vera a prendere una decisione. Purtroppo la fattoria va abbandonata al proprio destino, è consapevole di questo fallimento e prima che qualche malattia si impadronisca di loro è bene fare i bagagli ed andare dal figlio in città, fra l'altro lontanissima, e chiedere aiuto e ospitalità.
Dante, malinconico, triste e amareggiato pensa alla sua fattoria abbandonata, ma con la moglie, preparano un misero bagaglio e se ne vanno con Paky.
Silenzio spaventoso nella fattoria. Gli unici animali sono gli uccelli, ma anche loro abbandonano presto quel luogo di tristezza e solitudine. Gli attrezzi sono al loro posto, mai come adesso sono stati a riposo, poi qualcosa inizia a muoversi: Bens, il trattore è il primo a dar segni di “vita”, fa un rumore assordante, sembra un orco che brontola, forse vuol svegliare gli altri.
Si esprime con un vocione imponente: "La polvere dell'abbandono l'abbiamo già addosso, dobbiamo aspettare l'arrivo anche della ruggine? Non siamo mai stati dei vagabondi."
Tony, il carretto è depresso: "ma non siamo stati nemmeno mai abbandonati!"
Siamo qui, soli, a morire lentamente, abbandonati e dimenticati "
Riprende Bens, agguerrito: "allora moviamoci da soli, tutti insiemi e vediamo se questa terra riprende ad ascoltare almeno noi, ora, subito.”
Franky la zappa, in un angolo, timidamente: "iniziamo domani, oggi fa troppo caldo, la terra è veramente arida, può darsi che domani, di mattino presto sia meglio, che ne dite?"
Nuovamente Bens: "Ora!"
Tony, il carretto inizia a muoversi e mai come adesso era stato così veloce! Tutti gli altri attrezzi entrano in contatto con quella terra arida e abbandonata, ma ad un tratto dalla terra, anche la polvere dorata inizia a parlare: "i tempi sono maturi, posso procedere e trasmettere tutta la mia energia!"
L'entusiasmo contagia tutti, vogliono ritornare ai tempi dello splendore con il vecchio Dante e sua moglie. Sembra giunto il momento di sistemare le cose.
Adesso vi spiego cosa era successo. Il vento, è sempre pronto a farmi i dispetti, ma di me, maga Elvira ha un gran rispetto, perché sono onesta, non sopporta però gli imbroglioni come Igor.
Lui, soffiando forte, aveva spostato la mia polverina altrove ed aveva formato una montagnola in un prato; il venditore furbastro, non sapendo di che cosa si trattasse, ma attratto dal colore dorato, l'aveva raccolta pensando in realtà che non valesse niente, ma, avrebbe potuto venderla guadagnandoci molto, vista la propria abilità d’oratore, a qualche ingenuo di campagna, senza rendersi conto dei poteri della polvere, che, agisce lentamente, ma, sapendo attendere con pazienza, i risultati sono eccellenti e duraturi.
Bens e gli altri, assieme alla mia polvere dorata hanno ribaltato la situazione. Dante e Vera diventarono dei miti, i loro figli, tornarono alla fattoria e non da soli, ma anche le loro giovani mogli di città, furono felici di seguirli in quella fattoria prosperosa, dove la vita riprese rigogliosa e fiduciosa. Gli attrezzi conservarono il segreto della loro magia e non furono mai sostituiti continuando ad avere il proprio compito; Dante non smise mai di guidare il vecchio Bens, e Paky, tornò a correre dietro alle galline.
E il venditore Igor? L'ultima volta che l'ho visto i suoi capelli erano completamente bianchi, la parte superiore della bocca era sprovvista completamente di denti, e con il restante della dentatura si mordeva le unghie dalla rabbia., beh, io, ho fatto del mio meglio per lasciarlo sotto l'albero a consumarsi di bile.